SANTA BAKHITA e SAN GIROLAMO EMILIANI

SANTA BAKHITA
La patrona dell’Africa, Giuseppina Bakhita, nasce in un villaggio dell’Africa, nel Sudan, intorno al 1869,
in una bella famiglia, con papà, mamma e tanti fratelli. Purtroppo ha solo otto anni quando subisce un forte trauma tanto grande da dimenticare il proprio nome: i negrieri la rapiscono e la fanno camminare per giorni, allontanandola sempre più dal suo villaggio.
La chiamano Bakhita (in arabo significa “fortunata”) e la vendono come schiava a una ricca famiglia dove la povera piccola viene maltrattata. Altri padroni comprano la bambina che la fanno lavorare duramente, picchiandola e facendole subire tremendi supplizi e crudeli tatuaggi. Finalmente la ragazzina viene acquistata dal Console italiano Callisto Legnani, un uomo buono che non la percuote e non la punisce. Nel 1885 il Console viene richiamato in Italia e porta con sé anche Bakhita che ha quindici anni. Ma ancora una volta Bakhita cambia padrone perché la bambina dell’amico del Console Legnani, Augusto Michieli, la vuole per sé.
La futura santa viene “generosamente regalata” e si trasferisce nel Veneto dove fa la bambinaia a Mimmina, la figlia di Michieli. Bakhita non conosce Gesù, la Madonna e i santi. Lo scoprirà frequentando l’Istituto delle Suore Canossiane di Venezia. Così a vent’anni decide, con tutta se stessa, di diventare cristiana cattolica. Matura il desiderio di rimanere per sempre in Italia e farsi suora, chiedendo di essere battezzata e ammessa tra le suore canossiane.
Dopo una disputa con i padroni che non vogliono lasciarla libera, Bakhita, grazie all’intervento del cardinale di Venezia che si appella al procuratore del re, il 29 settembre 1889 viene dichiarata libera cittadina italiana. Bakhita diventa suora con il nome di Giuseppina e svolge umili mansioni presso il Convento delle Canossiane a Schio (Vicenza).
Gli inizi sono difficili poiché la gente ha timore della sua pelle nera. Poi, grazie alla sua bontà e alla sua fede, “Suor Moretta”, come viene chiamata, è amata da tutti, anche dopo la sua morte avvenuta a Schio l’8 febbraio 1947. Il 28 novembre 2017 il Comune di Schio conferisce a Santa Giuseppina Bakhita la
cittadinanza onoraria.
SAN GIROLAMO EMILIANI
Quarto figlio della famiglia nobile decaduta degli Emiliani, come tutti i giovani veneziani del 1500 Girolamo sognava la carriera militare, anche perché era la più remunerativa. Le notizie sulla sua vita prima dell’arruolamento, avvenuto nel 1509, sono molto scarse; si sa, però, che quando aveva circa dieci anni suo padre si uccise.
Nel 1511, durante l’assedio alla Fortezza di Castelnuovo di Quero, lungo il Piave, cade prigioniero del nemico e l’esperienza della detenzione, seppur durata appena 30 giorni, lo cambia profondamente. Nella fame, nel dolore, nella paura per la propria vita, Girolamo ritrova le parole per pregare e indirizza le sue richieste specificamente alla Madonna, alla quale promette di convertirsi in cambio della libertà. Una volta scarcerato, trova rifugio a Treviso, ma non dimentica il voto fatto alla Vergine e, affidandosi a un sacerdote e cominciando a leggere la Bibbia, inizia a cambiare il suo cuore.
La prima occasione che Girolamo ha di mettere alla prova il nuovo se stesso è durante l’epidemia di peste che colpisce Venezia nel 1528. Con un gruppo di volontari gira per la città per portare conforto agli ammalati, ai quali mette a disposizione tutti i suoi beni. Contagiato lui stesso dal morbo, ne uscirà con una prodigiosa guarigione. Inizia così il suo cammino di carità che sarà sempre rivolto ai più bisognosi a partire dai poveri, dalle prostitute, ma soprattutto dagli orfani.
Quando suo fratello Luca muore lasciando orfani i suoi tre nipoti, Girolamo se ne fa carico ed è lì che ha
l’intuizione della vita: costituire un’associazione che si occupi espressamente dei giovani rimasti senza
famiglia incaricandosi della loro istruzione. Così nel 1533 a Bergamo nasce la Compagnia dei servi dei poveri, impegnati nella difesa degli orfani di guerra, i più deboli e indifesi tra gli ultimi: per loro Girolamo crea una scuola d’arti e mestieri cui affianca l’insegnamento del catechismo seguendo un metodo per allora innovativo, che aveva come programma fondamentale preghiera e lavoro, i principi cardine che nobilitano l’uomo.
La Compagnia originale diventerà poi Congregazione, fino a che nel 1568 Pio V la eleverà a Ordine, i cui
religiosi saranno chiamati Chierici Regolari di Somasca, dal luogo che l’arcivescovo di Milano aveva affidato a Girolamo e da cui tutto era partito. Nel carisma dei Somaschi la devozione a Maria, venerata come “Mater orphanorum”. Girolamo, però a questo punto era già morto di peste nel 1537. Canonizzato
nel 1767, dal 1928 è Santo Patrono della gioventù abbandonata.